La leggenda è molto contrastante nel decorso degli eventi, ma giunge ad una conclusione comune.
Quattro ricchi nobili (tra cui il conte di San Martino, il barone di Chieuti, il duca di Larino ed il marchese di Ramitelli) si incamminarono per un battuta di caccia. Vista però una sorgente d'acqua, ben pensarono di abbeverarsi ad essa. Lasciarono così i loro cavalli legati ad una quercia nelle cui vicinanze era posto un masso di enormi dimensioni, sopra il quale lasciarono i loro archi e le loro frecce. Uno dei loro cavalli, però, spostò il grosso masso ed al loro ritorno i nobili trovarono il corpo di un monaco il quale deteneva un medaglione su cui era impresso Leone (ma non è certo se questo fosse il suo nome).
Tale monaco benedettino Leone compiva numerosi miracoli, molto noto nelle zone di Guglionesi, Larino, Chieuti, Ramitelli ed ovviamente San Martino. La regola della sua vita era quella benedettina dell'"ora et labora".
I nobili, visto quanto accaduto, vollero appropriarsi delle reliquie del corpo, ma non giunsero ad una soluzione in quanto ognuno di loro voleva detenere per sé lo stesso corpo. Di qui ebbe inizio una violenta discussione tra i nobili, per stabilire chi dovesse appropriarsi del corpo del monaco: il conte di San Martino, infatti, aveva da parte sua la certezza che dovesse essere lui ad avere il corpo in quanto lo stesso era stato scoperto dal suo cavallo; il duca di Larino, invece, non voleva perder l'occasione di conquistare una vittoria contro gli altri nobili così da guadagnarsi il favore dell'intera classe nobile; il barone di Chieuti pretendeva invece il corpo per dare un tocco di eleganza alla sua proprietà e per venerare lui personalmente il corpo del monaco; infine il marchese di Ramitelli esigeva il corpo in quanto fu trovato sui territori di sua proprietà.
La decisione, alla fine della violenta discussione, fu presa: i nobili si accordarono affinché il corpo fosse posizionato all'interno di un carro: lo stesso carro sarebbe stato trainato da due buoi per un tratto e da altri due buoi per un altro tratto, a partire dal luogo del ritrovamento. Si sarebbe accaparrato il corpo del monaco il nobile proprietario del territorio in cui si sarebbe fermato il carro.
Così come da accordo, venne posizionato il corpo sul carro, per poi essere trainato da buoi a partire dal luogo del ritrovamento: così come prevedeva lo stesso accordo, trascorso il tratto prestabilito, venne effettuato il cambio dei buoi.
I buoi trainarono così il carro con il corpo del monaco nel territorio di San Martino, proprio nel luogo in cui ora è posta la Chiesa del Paese molisano, luogo in cui ancora oggi sono conservate lereliquie.
Il monaco, di cui mai si seppe il nome certo, fu proclamato Santo e canonizzato come San Leo.
Con il passare del tempo, si venne a creare un crescere di pellegrinaggi finalizzati alla venerazione del monaco, ora Santo. I pellegrinaggi, rigorosamente realizzati con i carri trainati da buoi, portarono a creare delle piccole corse per chi per primo sarebbe arrivato alla Chiesa in cui era conservato il corpo del Santo.
Da qui iniziarono ad organizzarsi vere e proprie corse in partenza dal luogo del ritrovamento ed aventi per traguardo la chiesa stessa in cui è il Santo, percorso ancora oggi valido e che in più prevede il cambio dei buoi, così come avevano previsto i quattro nobili.
Ancora oggi, la tradizione continua con lo stesso vigore e la stessa passione dei tempi antichi fino a causare una vera e propria attesa per questa corsa che si svolge ogni anno il 30 aprile, prima della festa del patrono San Leo, che si celebra il 2 maggio.
La Carrese ha sempre un fascino particolare e crea un'atmosfera unica nel paese di San Martino in Pensilis, oltre allo spettacolo del cambio dei buoi e durante il percorso: spettacolo generato dal fatto che ci si trovi di fronte a carri trainati da buoi. Per venti minuti, non esistono legami familiari o affettivi, ma conta solo la bandiera dei carri, che oggi sono tre (Carro dei Giovani, Carro dei Giovanotti, Carro dei Giovanissimi).
Al termine della corsa il sindaco, proclama il vincitore dal balcone della piazza in cui è situato il municipio cittadino. Vince chi per primo inforca l'arco che conduce al piazzale antistante la Chiesa di San Pietro Apostolo, dove sono conservate le Sante reliquie di Leone, patrono di San Martino.
Il carro vincitore ha l'onore di portare durante la processione il busto argenteo di San Leo, patrono di San Martino.
In principio il nome dei carri era quello della famiglia proprietaria. Oggi invece, il nome, deciso dell'insieme delle persone che ne fanno parte, è ormai acquisito e non modificabile, in riferimento ad un preciso Statuto. I Carri dei Principianti erano carri che partivano daltratturo.